#answer3
Per il tuo lavoro, immagino che passi molto tempo ad analizzare e interpretare opere d'arte. Mi chiedo, quando ti trovi davanti a un'opera che ti colpisce profondamente, riesci ancora a separare l'analisi professionale dalla personale emozione? E se sì, come riesci a trovare quell'equilibrio?
Ho passato tutta la mia vita – e ancora la passo – davanti a opere d’arte o a leggere libri. Analizzo, studio, interpreto, critico, apro finestre di riflessione. Non credo che si possa separare l’analisi professionale dalla personale emozione, perché l’analisi di un’opera d’arte è sempre un’opinione soggettiva e legata al singolo pensiero. Per cercare di essere più sincera possibile, studio la storia e il percorso dell’artista che ho di fronte, ma non lo faccio mai prima, per non essere influenzata. Per esempio, quando sono entrata al Padiglione Australia, non mi sono letta prima il progetto curatoriale, ho lasciato che fossero stupore e meraviglia i primi sentimenti a fuoriuscire, poi mi sono fatta inviare tutta la cartella stampa e lì, ho capito che i miei sentimenti e il mio sguardo non avevano commesso errori di valutazione.
#answer4
C'è un'opera d'arte che ha avuto un impatto significativo sulla tua esistenza al di là del contesto professionale?
La mia esistenza non è mai stata separata dalla vita professionale, io sono quello che faccio da sempre. L’arte per me è tutto. Certo se devo dirti un’opera d’arte o magari due che hanno influenzato la mia vita ti dico Veduta notturna di Toledo di El Greco e Abbiamo amato tanto la rivoluzione di Alfredo Jaar.